Il quarto comandamento

Il quarto comandamento


"Onora il padre e la madre", così recita il quarto comandamento, quello che apre la seconda tavola della legge, riguardante la carità e l'amore per il prossimo.
Parla del rapporto con la propria famiglia di origine, e non c'è da meravigliarsi, poiché la famiglia è l'elemento tramite cui si viene ammessi al mondo e alla relazione con tutti gli altri uomini e donne, di cui padre e madre rappresentano una sorta di modello.
A loro volta, i genitori ricevono la loro paternità umana da quella divina, che è modello supremo e fondativo. Per questo, riconoscendo i figli come creature di Dio, i genitori sono responsabili della loro cura materiale e morale, della loro educazione e della loro formazione cristiana. Tale servizio si fonda direttamente sull'autorità concessa al padre e alla madre da Dio stesso, a immagine della sua paternità, e deve essere prestato con amore, giustizia e fermezza, avendo come fine principale la salvezza, bene autentico da perseguire per i figli.
All'interno della società, le persone che ricopriranno ruoli di legittima autorità e che entreranno in relazione con i figli, come l'insegnante o il sacerdote, saranno tributari di rispetto e obbedienza simili a quelli dovuti al padre e alla madre, poiché, nell'esercizio della loro professione e vocazione, essi assumono un ruolo vicario o integrativo rispetto a quello della figura genitoriale.
Avendo ricevuto dai genitori cure ed educazione, i figli sono tenuti a ricambiare tale amore con la gratitudine e l'obbedienza.

Nel Catechismo della Chiesa Cattolica si parla del quarto comandamento dal numero 2197 al 2257. Quanto detto in precedenza viene chiarito in particolar modo ai nn.2198-2199, che pongono il comandamento come primo dovere di carità verso il prossimo, e quindi alla base della Dottrina Sociale:

n.2198
Questo comandamento è espresso nella forma positiva di un dovere da compiere. Annunzia i comandamenti successivi, concernenti un rispetto particolare della vita, del matrimonio, dei beni terreni, della parola. Costituisce uno dei fondamenti della dottrina sociale della Chiesa.

n.2199
Il quarto comandamento si rivolge espressamente ai figli in ordine alle loro relazioni con il padre e con la madre, essendo questa relazione la più universale. Concerne parimenti i rapporti di parentela con i membri del gruppo familiare. Chiede di tributare onore, affetto e riconoscenza ai nonni e agli antenati. Si estende infine ai doveri degli alunni nei confronti degli insegnanti, dei dipendenti nei confronti dei datori di lavoro, dei subordinati nei confronti dei loro superiori, dei cittadini verso la loro patria, verso i pubblici amministratori e i governanti.
Questo comandamento implica e sottintende i doveri dei genitori, tutori, docenti, capi, magistrati, governanti, di tutti coloro che esercitano un'autorità su altri o su una comunità di persone.

La famiglia è giustamente definita, quindi, cellula originaria della vita sociale e prima educatrice, per cui la stessa Chiesa deve riuscire a mantenere un equilibrio tra la logica assistenzialista, sempre più diffusa, e la riduzione dell'educazione cristiana all'interno delle mura ecclesiali, come afferma Luisella Scrosati sulle pagine de La Nuova Bussola Quotidiana.

Sant'Agostino d'Ippona, così come traspare da quanto scritto nelle sue Confessioni, crede che il rispetto per i genitori non possa limitarsi alla semplice obbedienza alla legge, ma deve spingersi fino alla vera carità, riconoscendo la grandezza di Dio nella loro figura. Fondamentale fu il legame del santo con la madre Monica, santa anch'essa, alla quale si deve il grande merito (insieme a sant'Ambrogio) della conversione di Agostino, che divenne vescovo di Ippona e che oggi è ricordato, grazie alla preziosa eredità dei suoi scritti, con i titoli di Padre della Chiesa e di patrono dei teologi.
San Tommaso d'Aquino, nella Summa Theologiae (II-II, q.104, a.5), parla della virtù dell'obbedienza nei confronti dei genitori e dei superiori in genere. Egli, richiamando anche le parole di sant'Agostino, precisa come l'obbedienza sia una virtù che si riflette nel primato di Dio, per cui si può disubbidire ai superiori solo se i loro comandi vanno contro Dio stesso. Per il resto, ognuno "è tenuto a ubbidire nelle cose riguardanti la disposizione degli atti e delle cose umane, secondo l'autorità specifica di chi comanda".
Quanto detto da san Tommaso viene ricordato nell'enciclica Pacem in Terris di Giovanni XXIII, al n.48, dove si afferma che "l'autorità va esercitata per attuare il bene comune, che costituisce la sua ragion d'essere. Elemento però fondamentale del bene comune è il riconoscimento e il rispetto dell'ordine morale".
Giovanni Paolo II, nella Familiaris Consortio, al n.21 specifica: "Mediante l'amore, il rispetto, l'obbedienza verso i genitori, i figli portano il loro specifico e insostituibile contributo all'edificazione di una famiglia autenticamente umana e cristiana".

In conclusione, il quarto comandamento parte dalla famiglia per dare spazio anche al concetto di autorità, legandolo alla paternità divina e agganciandolo agli aspetti umani e relazionali che hanno a che fare con la società, all'interno della quale l'uomo non vive isolato, ma coopera con altri uomini e donne per il raggiungimento di un bene comune possibile, che è quello definito dalla Dottrina Sociale della Chiesa.
Nella Sacra Famiglia, Gesù ubbidisce ai suoi santi genitori e si fa prototipo del figlio umano. Dalla prospettiva della croce, sulla quale muore per obbedienza al Padre, Egli afferma qualcosa di più: di essere il Figlio.
Cristo lega così il quarto comandamento, il primo sulla carità umana, ai tre precedenti, sulla carità divina, facendosi ponte tra la dimensione naturale e quella soprannaturale.


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