In morte di papa Francesco
In morte di papa Francesco
Papa Francesco è morto.
Questo accadimento porta inevitabilmente a tirare le somme e a dare dei giudizi sul suo pontificato. Qui, però, con l'intenzione di tralasciare gran parte delle sue scelte durante gli anni in cui ha vestito di bianco, si vuole porre l'accento sul ruolo che ha avuto questo papa per il semicredente che sta al di qua dei confini occidentali.
I telegiornali sono stati, come sempre, un fiorire di elogi, accostamenti illustri e raccolte aforistiche. Il bianco della veste papale è divenuto ancora più candido, smacchiato da ogni errore e ripulito da ogni critica, ridotta al rango di malalingua o di teoria complottista, se non di avversaria del marxismo, implicitamente sostenuto come dottrina di gran lunga migliore del cristianesimo stesso, e svariate volte più umana. Eretici sono tutti coloro che non accettano il dogma pauperista del Gesù nel cuore.
Mai, contro Francesco, avrebbe potuto levarsi una voce ragionevole: per il giornalismo solo i cattivi sono capaci di contestare la santità papale, poiché non hanno il dono della ragione. Gli incensatori, invece, come dei mattarelli che non spianano, massaggiano la pasta senza mai renderla pronta per la prova del fuoco, per la morte.
Pressoché ogni persona intervistata dai TG ha espresso un sincero cordoglio, frammisto a un grande dolore per la perdita di quello che era più che un papa: era addirittura un uomo. In realtà nessun papa è mai stato divino (magari ispirato dallo Spirito Santo sì), ma è meglio lasciar perdere e non interferire con i sogni di quegli immanentisti che hanno visto in Bergoglio il leader della revolución in grado di vendicare le malefatte dei non inclusivi.
Lo "schiaffo alla cinese" sarà disciplina olimpica, nonché tenero atto umano. I discorsi di stampo zelota e socialista, forse rubati al nostro presidente, hanno acceso i cuori con passioni dozzinali e irragionevoli, con chiacchiere da bar e sogni da finale di Champions League. Infatti chi andava a trovarlo gli regalava maglie da calcio e palloni autografati, che venivano rispediti con potenza sul gregge da guidare.
Abbiamo imparato, almeno, ad accogliere chi ci vuole distruggere, porgendo una guancia, poi l'altra, e infine le altre due in fondo alla schiena.
Non è arrivato molto sulla trascendenza, ma siamo felici lo stesso: onore al megadirettore. Come si diceva negli uffici di fantozziana memoria, "è un apostolo!". E così dobbiamo ricordarlo, come un meme da condividere sui social.
P.S. Si prega per lui: non mi stava simpatico, ma era il papa.


Commenti
Posta un commento